Una pallottola per Roy (1941) di Raoul Walsh

Il gangster Roy Earle (Humprey Bogart), appena scarcerato in seguito a una grazia, torna subito alle vecchie abitudini organizzando la rapina di un lussuoso albergo assieme a due complici, una donna (Ida Lupino) e a un impiegato dello stesso albergo. Nel frattempo, fa la conoscenza di una famiglia la cui giovane figlia soffre di una grave disabilità, prendendosi a cuore la ragazza e pagando le spese mediche per farla guarire. Ma il destino incombe.

Un intenso gangster movie diretto da Raoul Walsh, tratto dal romanzo High Sierra di William R. Burnett (autore dello script assieme a John Huston) e trampolino di lancio definitivo per la carriera di Bogart, Una pallottola per Roy è anche lo sguardo su un criminale atipico, desideroso di una vita normale ma costretto dagli eventi e al tempo stesso dalla sua ingenuità, a continuare sulla via del crimine.

Bogart ci regala così una interpretazione piena di sfaccettature, in cui lo spettatore vive anch’esso una sorta di lotta interiore nell’osservare questo gangster duro e inflessibile con i propri complici, ma che guarda alla vita con inedita speranza, alla ricerca di quel pò di rispetto e di amore che sembrano preclusi a un uomo con il suo curriculum. Walsh fa scontrare Roy Earle con l’egoismo delle persone, forse più cattive di quanto sarà mai lui, incarnate nella figura della giovane Velma (Joan Leslie) che lo rifiuta nonostante l’atto di amore compiuto dal gangster. E’ così che Earle formerà una sua “famiglia”, composta dalla dura ma emotiva Maria e dal cane Pard.

Un quadretto che però non potrà nulla contro il destino, con cui Roy, da sempre in cerca di una libertà vera e più grande di quella fuori da una cella di prigione, si scontrerà nel finale. Una libertà alla fine raggiunta, anche se con le sembianze di un proiettile e le lacrime di una Ida Lupino che ripete una sola parola nel ricordare il suo Roy: “libero”.