Tramonto (1939) di Edmund Goulding

Una giovane ereditiera (Bette Davis), la quale passa il suo tempo a gozzovigliare con gli amici e a fare la bella vita tra fumo e alcolici, viene colpita sempre più frequentemente da lacinanti emicranie, che le causano anche una caduta da cavallo. Nonostante il carattere non facile, viene persuasa a recarsi da uno specialista (George Brent), scoprendo così di avere un glioma al cervello.

Dapprima refrattaria a sottoporsi a delle cure, accetta convinta dal medico, il quale non solo si dimostra persona seria e capace, ma è anche in grado di farla desistere dai comportamenti da ragazzina viziata che la giovane aveva sempre avuto con le persone fino a poco tempo prima. Tra i due nascerà anche l’amore, ma il tragico destino è in agguato.



Solido dramma dell’epoca, tratto da una piece teatrale di grande successo del 1934, e sorretto totalmente dalla Davis (qui in una delle sue migliori interpretazioni) Tramonto è una pellicola dalla sincerità cruda e realista, che non si preoccupa di fornire allo spettatore un prodotto privo di lieto fine, e in cui l’obiettivo principale è scavare nelle emozioni umane e soprattutto nelle reazioni per una giovane vita che si spegne lentamente. La sceneggiatura di Casey Robinson punta l’attenzione non solo sul personaggio interpretato dalla Davis, ma anche su quello della giovane amica Ann (Geraldine Fitzgerald) e del dottore e futuro marito della protagonista, impersonato con stoica leggerezza da un bravissimo George Brent.

La Davis, all’epoca della lavorazione in preda a un esaurimento nervoso a causa del matrimonio ormai finito con il musicista Harmon Nelson, fu convinta dai produttori a trarre beneficio dalle emozioni della vita reale per rappresentare al meglio la protagonista, tanto che alla fine ottenne una nomination agli Oscar per la sua interpretazione, di cui è bene evidenziare  soprattutto le sequenze finali, tra le più drammatiche e commoventi.

 

.